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  • Ottavio Delgrado Ottobre 10, 2013 a 9:55 am

    Sicuramente molti spunti su cui riflettere, specie per chi lavora coi più giovani. O.

  • L’unico modo veloce per imparare il setticlavio è memorizzare la nota indicata dalla chiave e leggere per intervalli!

    • Andrea Golembiewski Febbraio 19, 2014 a 7:39 pm

      È sicuramente un’alternativa, io personalmente la trovo un po’ macchinosa 🙂 grazie per il contributo Simona!

  • Concordo con Simona, il metodo più veloce e mnemonico e quello di memorizzare la nota indicata dalla chiave e leggere per intervalli.

  • Bravo Andrea!
    Un’ottima proposta che aiuta i bambini a sperimentare che si può imparare divertendosi.

  • Molto interessante dal punto di vista pedagogico questo approccio che valorizza, fin dall’inizio e, soprattutto, all’inizio, l’espressività del gesto, la ricerca del gusto personale, l’esplorazione della dimensione ludico-creativa, e nutre così, gradualmente, la ricerca di tecniche e di modelli a cui ispirarsi, senza saturare il desiderio di apprendere, ma sostenendo con la motivazione intrinseca le fatiche dello studio. Particolarmente delicata la questione degli ascolti/modelli da introdurre sapientemente e sensibilmente per non schiacciare sotto il peso di un confronto insopportabile i passi iniziali, ma fondamentali, dei giovani apprendisti. Da questo punto di vista, la professionalità dell’insegnante di strumento richiede, credo, una formazione completa, oltre che dal punto di vista della cultura musicale e della tecnica dello strumento, anche dal punto di vista musicoterapico.

  • Bravo Andrea !!! Ottima trascrizione!!!!

  • Chi condivide il sapere va sempre ringraziato Però a mio avviso non hai ben chiara Qual è la funzione dello studio del setticlavio. principalmente serve a sviluppare la lettura per intervalli e non per associazione diastematica. In secondo luogo serve ad avere ben impressi i gradi della Scala relativi ad ogni nota musicale ( gli esercizi avanzati svolgono meglio questa funzione perché rispettano la tonalità in chiave riportano sempre le alterazioni del caso).

  • Il metodo che proponi è, a mio giudizio, sbagliatissimo. Ogni chiave va imparata memorizzando le posizioni dei do e dei fa, più alcune note con uno o due tagli addizionali e poi si procede per intervalli. Bisogna assolutamente prescindere dalla lettura in chiave di violino, che porta a pronunciare la nota appunto in chiave di violino, piuttosto che quella nella chiave corretta. Certo, il tuo metodo è molto comodo e se il setticlavio non interessa (oggi non interessa nemmeno più agli insegnanti, figuriamoci agli allievi), allora tutto fa brodo. Ma per chi è veramente interessato, consiglio vivamente di seguire il metodo da me proposto e di non limitarsi a leggere solfeggi, ma di provare a cantarli o a suonarli, al limite anche di scrivere dei proprio solfeggi in chiavi antiche. Solo in questo modo si ottiene infatti un coinvolgimento intellettivo ed emotivo che porterà naturalmente a prendere dimestichezza con il setticlavio.

    • Ciao Francesco, grazie del tuo contributo. Condivido quello che dici per quanto riguarda le chiavi che si utilizzano normalmente (nel mio caso: violino e basso). Per quanto riguarda questa guida, è mirata a chi (come me) deve affrontare quella scomoda prova nell’esame di solfeggio ma difficilmente lo usa nella sua quotidianità.

  • Sapere perchè il setticlavio è nato e cosa rappresenta è una buona cosa per ogni appassionato musicale o strumentista. Da ragazzo ricordo la prof di solfeggio e dettato melodico che ne parlava già allora (1978) come di una cosa già lontana dalla realtà ed utile solo in ambito compositivo. Che poi, per come si sta evolvendo il modo di lavorare con la musica oggi, sia ancora utile…ho dei grossi dubbi. I ragazzi di oggi non sanno fare le divisioni con le stanghette verticali come si usava un tempo…ma non per questo oggi li vediamo in difficoltà usando programmi come Logic o Musescore o Finale.

  • Stefania Fabris Agosto 1, 2023 a 1:19 pm

    Complimenti! È davvero difficile scegliere i propri maestri, non parliamo poi se a scegliere sono i genitori, impresa per loro doppiamente difficile….L’incontro, la relazione che si sviluppa nell’apprendimento, è sempre frutto di un’interazione, i cui molteplici ingredienti a volte ci sfuggono, ma, in ogni caso, un buon insegnante sa valutarsi e sa quindi orientare chi si rivolge a lui, fornendo alcuni strumenti fondamentali per scegliere, e soprattutto poi per impegnarsi, con fiducia e autonomia. Ottimo contributo!