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Congresso “Le applicazioni della musicoterapia – ambiti d’intervento e premesse scientifiche”

Congresso “Le applicazioni della musicoterapia – ambiti d’intervento e premesse scientifiche” 1307 924 Andrea

Sabato 10 Giugno
Giornata di studi “Le applicazioni della musicoterapia – ambiti d’intervento e premesse scientifiche”.

Mattinata alla Commenda di Prè con relazioni, concerto e dibattito, a seguire laboratori esperienziali presso la Casa della Musica (Via Boccanegra adiacente Museo Galata).

Io condurrò un laboratorio dal titolo “Songwriting, costruire canzoni con i pazienti”.

La partecipazione è gratuita e aperta a tutti previa registrazione via mail o in loco: info@casadellamusica.ge.it


Partecipate e condividete!

Resoconto del laboratorio “Strumenti informali in musicoterapia, applicazioni e controindicazioni”

Resoconto del laboratorio “Strumenti informali in musicoterapia, applicazioni e controindicazioni” 150 150 Andrea

Volevo scrivere qualche breve impressione sul laboratorio a cui ho partecipato ieri , nell'ambito della giornata di studi “La voce condivisa” organizzata dall'Apim presso il Sermig di Torino. Naturalmente si tratta di una mia rielaborazione personale, senza pretesa di autenticità.

Il workshop è stato condotto (con grande passione e entusiasmo) da Mauro Peddis (musicista, musicoterapista e docente scuola secondaria di I grado) e Lorenzo Tamagnone (psicologo , psicoterapeuta e consulente musicoterapista).

Peddis e Tamagnone hanno illustrato come spesso , nel lavoro con pazienti affetti da disabilità o da disturbi psichiatrici, lo strumento musicale in senso canonico non venga utilizzato, mentre si adoperino oggetti di uso quotidiano, il setting stesso (i suoi muri, il pavimento, le sedie), il corpo e la voce (del paziente e del musicoterapista).

Bisogna tenere a mente che in alcuni soggetti lo strumento musicale non è sperimentato in maniera funzionale, ma viene esplorato soprattutto dal punto di vista sensoriale: pertanto un metallofono non è, come per il musicista, un oggetto con una determinata funzione, bensì un insieme di materiali (legno, metallo), una forma, un contenitore; un oggetto da toccare, annusare, ed esplorare dal punto di vista sonoro, ma al pari di un qualunque oggetto di vita quotidiana.

Nei casi di psicosi inoltre, il confine tra il Sé e la realtà esterna può essere labile , al punto che un oggetto può diventare un prolungamento del corpo, e questo è naturalmente un dato importante con cui confrontarsi.

Uno degli esempi che è stato portato nella discussione è quello di un pz. che gioca in modo stereotipato con i propri capelli e con quelli del musicoterapista. Questo “gioco” ossessivo può essere comunque un primo punto di contatto, ed è necessario calarsi nei panni del paziente e partecipare al suo gioco per poter entrare in relazione : in questa fase l'introduzione di uno strumentario ortodosso e di proposte strutturate da parte dell'operatore può essere inutile, se non addirittura dannoso perchè vissuto da parte del pz. come una imposizione aggressiva ed un rifiuto delle sue modalità. Quello che penso Peddis voglia sostenere è che spesso si utilizzano le tecniche formali in maniera difensiva , per porre una distanza tra noi e l'altro, nel tentativo disperato di organizzare e standardizzare una situazione caotica. Tuttavia bisogna ricordarsi che l'obiettivo è stabilire una relazione, e ciò si persegue attraverso l'accettazione del paziente e della sua prospettiva, tramite l'immedesimazione. Una volta stabilito il “contatto”, con qualunque tramite ( e dunque, non solo con lo strumentario del musicista) , si può iniziare a introdurre nuove proposte tramite la microvariazione.

Dal punto di vista esperienziale, sono state proposte queste attività:

– esplorazione del “setting” da un punto di vista sensoriale, mi muovo liberamente e sperimento gli oggetti della stanza. Possiamo inferire elementi importanti attraverso l'osservazione: la persona vaga o vi è intenzionalità nel direzionarsi? Vi sono pattern che si ripetono (es. girare in tondo)? Qual è la capacità esplorativa della persona?

– Imitazione, rispecchiamento di un altro (o di altri) durante l'esplorazione, in un gioco continuo di proposte e imitazioni reciproche.

– Vocalizzazione di oggetti: provo a vocalizzare un'arcata , un calorifero, un neon; provo a dare “voce” ai gesti e alle cose come la madre fa con il bambino tramite il “motherese”, di cui Elena Sartori ci ha parlato in mattinata. Facendo riferimento all'esempio sopraccitato, possiamo ipotizzare di vocalizzare il gesto di arricciare i capelli, cogliendo la proposta del paziente.

– Visione e utilizzo dello strumentario che Peddis ha ” prelevato ” in seduta; oggetti di uso quotidiano portati dai pazienti nel setting e sfruttati poi come oggetto intermediario. Bottiglie, tubi, marionette, bastoni, persino un assorbente femminile!

 

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