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Cinque consigli per imparare barrè puliti e precisi alla chitarra

Cinque consigli per imparare barrè puliti e precisi alla chitarra 640 480 Andrea

Cinque consigli per eseguire barrè puliti e precisi alla chitarra

Se sei un chitarrista alle prime armi o anche un musicista esperto, è probabile che ti sia imbattuto nella sfida del barrè. Questa tecnica, che richiede l’uso di un dito per premere tutte le corde della chitarra allo stesso tempo, può sembrare un vero scoglio da superare. Molti chitarristi si ritrovano frustrati e talvolta abbandonano proprio a causa di questa difficoltà. Tuttavia, non disperare! Con un po’ di pratica, pazienza e i giusti consigli, sarai in grado di eseguire barrè puliti e precisi senza problemi. In questo articolo, ti fornirò cinque consigli essenziali per superare le difficoltà del barrè e raggiungere il suono nitido e professionale che desideri.

1. Posizione corretta della mano e del pollice: Assicurati di posizionare il pollice circa a metà della larghezza del manico, dietro di esso, mantenendo l’indice in posizione arcuata. Evita che il pollice sporga troppo dal manico.

2. Premi con la parte laterale dell’indice, quella dalla parte del pollice (a sinistra, guardando il palmo della mano). Esercitati progressivamente: Inizia allenandoti a fare il barrè con un solo dito, l’indice, senza la forma di accordo completa. Concentrati sulla pressione corretta e sulla pulizia del suono.

Spostamento del barrè lungo la tastiera: Una volta che hai acquisito una buona padronanza del barrè su una posizione specifica, esercitati a spostare il barrè lungo tutta la tastiera della chitarra. Ricorda che nella parte vicina al capotasto avrai bisogno di una maggiore pressione, mentre man mano che ti allontani dal capotasto, la tensione delle corde diminuisce.

3. Sgrana l’accordo per verificare la correttezza: Dopo aver eseguito il barrè, utilizza il plettro per suonare ogni singola corda una alla volta, verificando se il suono risulta pulito e chiaro come se l’accordo fosse suonato in modo aperto. Questo ti aiuterà a capire se hai fatto correttamente il barrè e se hai applicato la giusta pressione sulle corde.

4. Una volta che hai padroneggiato questa fase, procedi a eseguire la forma base dell’accordo, escludendo solo l’indice. Successivamente, passa alla forma completa del barrè, utilizzando tutte le dita necessarie per l’accordo.

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5. Ascolta il tuo corpo e fai stretching: Durante l’esercizio del barrè, ascolta il tuo corpo e smetti immediatamente se avverti dolore o crampi. Prima di iniziare una sessione di esercizi di barrè, fai un po’ di stretching per riscaldare il braccio e la mano. Inoltre, ricorda di fare pause e di scuotere la mano per evitare tensioni e affaticamento costante.

Con questi cinque consigli, potrai migliorare la tua tecnica di barrè alla chitarra e ottenere suoni puliti e precisi. Ricorda che la pratica costante e la pazienza sono fondamentali per raggiungere una buona padronanza di questa tecnica.
Spero che questo articolo gratuito ti sia piaciuto, fammi sapere cosa ne pensi ed eventuali richieste nei commenti!

pedaliera amplificatore e chitarra

11 Migliori Effetti Per Chitarra Elettrica

11 Migliori Effetti Per Chitarra Elettrica 1333 924 Andrea

I migliori pedalini per chitarra elettrica

Sebbene le preferenze siano come sempre un fatto soggettivo, ci sono 11 effetti per chitarra elettrica che vengono spesso considerati tra i migliori. Ve li elenco e vi metto il link di qualche modello carino

  1. Pedale wah-wah: crea un suono “parlante” facendo oscillare la frequenza del segnale. Il più classico e storico esempio: Jim Dunlop Cry Baby® Wah – Pedale ad effetto per chitarra – Modello GCB95
  2. Pedale del volume: permette di controllare il volume del segnale in modo dinamico. Io mi sono trovato molto bene con questo, che non necessita di alimentazione: BOSS FV-500H
  3. Pedale delay: ripete il segnale in un determinato intervallo di tempo, creando un effetto di “eco”. Non lo possiedo ma ho altri TC Electronic, e secondo me qualità/prezzo sono prodotti ottimi: FLASHBACK 2 DELAY
  4. Pedale chorus: Il pedale chorus amplifica l’effetto sonoro di “coro” replicando il segnale originale e aggiungendo ritardi e lievi variazioni di velocità di campionamento. Questa sovrapposizione di segnali crea la percezione di multiple fonti sonore simultanee, similmente a un ensemble di voci o strumenti. Un classico, quello usato dai Nirvana, che ho posseduto: SMALL CLONE EHX
  5. Pedale reverb: aggiunge un effetto di riverbero al segnale, dando l’impressione che il suono si stia diffondendo in un ambiente. Io uso questo e mi trovo molto bene, si può controllare anche dalla app sul cellulare: HALL OF FAME 2
  6. Pedale overdrive: crea un suono distorto e “saturato” facendo distorcere il segnale in modo controllato. Prendete questo se vi piace John Frusciante, ma nel rock lo usano in tantissimi: BOSS SD-1
  7. Pedale phaser: crea un effetto “ondulato” facendo variare la fase del segnale. Ad esempio: MXR PHASE 90
  8. Pedale tremolo: crea un effetto di “tremolo” facendo variare il volume del segnale in modo regolare. Questo pedale Fender sembra interessante: MTG TUBE TREMOLO
  9. Pedale harmonizer: aggiunge note armoniche al segnale, creando un effetto di “coro” più complesso. Un costoso ma ottimo esempio? EHX POG 2
  10. Pedale pitch shifter: cambia il pitch (la frequenza) del segnale, permettendo di creare effetti di “whammy” o di “parlato”. Sia per harmonizer che pitch shifter, una scelta quasi obbligata è il WHAMMY DIGITECH
  11. Pedale compressore: riduce la dinamica del segnale, creando un suono più uniforme e “pieno”. Per me è uno dei pedali più utili dopo il riverbero. Attualmente io uso WAMPLER EGO COMPRESSOR
pedaliera per chitarra elettrica
Pedaliera per chitarra elettrica

In che ordine vengono inseriti i pedali?

L’ordine in cui vengono inseriti i pedali può avere un impatto significativo sul suono finale. In generale, i pedali vengono inseriti nella seguente sequenza:

  1. Pedali di modifica del tono (wah-wah, equalizzatore, overdrive, distorsore, etc.)
  2. Pedali di modifica del tempo (delay, chorus, flanger, phaser, etc.)
  3. Pedali di modifica del volume (compressore, volume, tremolo, etc.)

Tuttavia, questo ordine può variare a seconda delle preferenze individuali o del tipo di suono che si sta cercando di ottenere. Alcuni musicisti potrebbero preferire inserire il compressore prima degli altri pedali di modifica del tono per aumentare la definizione delle note, mentre altri potrebbero inserire il delay prima degli altri pedali di modifica del tempo per creare un suono più “spazioso”.

Inoltre, alcuni pedali possono essere inseriti in un “loop” dedicato, che consente di inserire e rimuovere facilmente tutti i pedali che si desidera utilizzare in un determinato momento. In questo caso, l’ordine in cui vengono inseriti i pedali all’interno del loop non ha alcun effetto sul suono finale.

In generale, l’ordine in cui vengono inseriti i pedali dipende dalle preferenze personali e dal tipo di suono che si sta cercando di ottenere.

pedali Boss per chitarra
Pedali Boss per chitarra

Come possiamo alimentare i pedali per chitarra?

I pedali per chitarra possono essere alimentati in diversi modi, a seconda del modello e delle preferenze personali. Ecco alcune opzioni comuni:

  1. Batterie: molti pedali per chitarra possono essere alimentati da batterie alcaline o a bottone. Questa è una soluzione semplice e pratica, ma può essere costosa se si usano molti pedali o se si suona spesso. Comunque normalmente si utilizzano batterie a 9v come questa.
  2. Alimentatore: molti pedali per chitarra possono essere alimentati tramite un alimentatore esterno. Gli alimentatori forniscono una corrente costante e affidabile, ma possono ingombrare un po’ e richiedere un cavo di alimentazione supplementare. Io mi trovo bene con lo SPOT ONE che ha la daisy chain.
    Una “daisy chain” è una serie di adattatori che permette di collegare più pedali per chitarra in modo da alimentarli contemporaneamente utilizzando un unico cavo di alimentazione. In generale, gli alimentatori multipli e le “daisy chain” sono molto utili per i musicisti che utilizzano molti pedali per chitarra, poiché consentono di ridurre l’ingombro e il numero di cavi necessari. Tuttavia, è importante assicurarsi che gli adattatori e gli alimentatori utilizzati siano compatibili con i pedali per chitarra e che forniscano una corrente sufficiente per alimentarli tutti contemporaneamente.
  3. Batterie ricaricabili: alcuni pedali per chitarra possono essere alimentati da batterie ricaricabili. Questo può essere più conveniente e rispettoso dell’ambiente rispetto alle batterie alcaline, ma può richiedere l’acquisto di un caricabatterie separato.
  4. Pannello solare: alcuni pedali per chitarra possono essere alimentati anche tramite pannelli solari. Questa è una soluzione ecologica e pratica, ma può non essere sempre disponibile in condizioni di scarsa illuminazione o in ambienti chiusi.
Telecaster e pedaliera per chitarra
Telecaster e pedaliera per chitarra

In generale, l’opzione migliore dipende dalle preferenze personali e dalle esigenze specifiche del musicista.

woman in denim jacket playing guitar

Come scegliere tra chitarra classica, elettrica o acustica

Come scegliere tra chitarra classica, elettrica o acustica 1386 924 Andrea

Come scegliere tra chitarra classica, elettrica o acustica

Per scegliere tra chitarra classica, elettrica e acustica è necessario innanzitutto vedere in che modo producono il suono. La chitarra classica utilizza corde di nylon, che producono un suono più morbido e caldo rispetto alle corde di metallo utilizzate dalle chitarre acustiche ed elettriche. Queste ultime, invece, hanno un suono più brillante e potente.

black and white string lights
Corde per chitara classica
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Un’altra differenza importante è nella costruzione delle chitarre. La chitarra classica e l’acustica hanno un corpo più grande rispetto alle elettriche. Le chitarre elettriche, invece, hanno un corpo più piccolo e un manico più stretto, il che le rende più adatte all’esecuzione di una varietà di generi musicali.

grayscale photography of guitar heads
Chitarre e bassi

Infine, una chitarra elettrica ha la capacità di amplificare il suono grazie all’utilizzo di pickup e amplificatori, mentre una chitarra acustica e classica non hanno questa capacità (a meno che non siano amplificate!) e il suono viene prodotto solo dalle corde e dal corpo dello strumento. Esistono tuttavia anche chitarre acustiche (e classiche) amplificate.

grayscale photo of person holding guitar neck and strings

Una chitarra acustica può essere amplificata in diversi modi. Uno dei metodi più comuni è l’utilizzo di un microfono, che viene posizionato vicino alla chitarra e collegato a un amplificatore. In questo modo, il suono prodotto dalla chitarra viene captato dal microfono e amplificato tramite l’amplificatore.

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man playing guitar grayscale photo

Un altro modo per amplificare una chitarra acustica è quello di utilizzare un pickup, che viene montato sulla chitarra e funziona come un microfono elettrico. Il suono prodotto dalla chitarra viene captato dal pickup e inviato a un amplificatore, dove viene amplificato.

È meglio iniziare a suonare con la chitarra elettrica, acustica o classica?

La scelta della chitarra con cui iniziare a suonare dipende dai tuoi gusti personali e dal genere di musica che desideri suonare.

Se ti piace la musica pop, rock, blues, metal o jazz una chitarra elettrica potrebbe essere una buona scelta iniziale, poiché questi generi di solito richiedono un suono più brillante e potente. Le chitarre elettriche sono anche più facili da suonare rispetto alle chitarre acustiche o classiche, poiché hanno un manico più fino e le corde sono più sottili e più vicine al manico.

grayscale photo of man and woman standing on stage

Se ti piace la musica folk, country o pop, se ti piacciono i cantautori, una chitarra acustica potrebbe essere una scelta migliore. Le chitarre acustiche sono versatili e possono essere utilizzate per suonare una varietà di generi musicali. Inoltre, sono più facili da trasportare e non hanno bisogno di essere collegate a un amplificatore per suonare, il che le rende ideali per suonare all’aperto o in piccoli spazi.

woman in denim jacket playing guitar
Chitarra acustica

Se ti piace la musica classica o flamenco, la bossa nova e altri generi cantautorali, oppure se sei un principiante assoluto e vuoi iniziare a suonare senza investire una fortuna nello strumento, una chitarra classica potrebbe essere la scelta ideale. Le chitarre classiche hanno corde di nylon che producono un suono più morbido e caldo rispetto alle corde di metallo utilizzate dalle chitarre acustiche ed elettriche. Inoltre, le corde di nylon sono inoltre più delicate sui polpastrelli dei principianti.

In generale, quale chitarra è meglio iniziare a suonare dipende dai tuoi gusti personali e dal genere di musica che desideri suonare. In ogni caso, la cosa più importante è scegliere uno strumento di buona qualità che sia comodo e piacevole da suonare (e, per questo, è molto importante provarlo).

8 Consigli per chi studia chitarra

8 Consigli per chi studia chitarra 1642 924 Andrea
  • 1. Alternare pratica in piedi e seduti

Mentre suoni, non dovresti limitarti a una sola posizione. Anche se può sembrare complicato, è importante allenarsi sia stando in piedi che seduti. Infatti, suonare la chitarra in piedi comporta una postura differente rispetto a quando sei seduto. Quest’ultima situazione ti spinge a piegarti per guardare le tue mani, un’abitudine da cui dovresti gradualmente distaccarti. Al contrario, stando in piedi, cambia tutto: non puoi facilmente osservare la tua mano sinistra e la posizione della chitarra è diversa. Assicurati di avere una tracolla confortevole e abitua il tuo corpo a suonare in piedi.

  • 2. Dai priorità alla tecnica, non alla velocità

Se stai iniziando a suonare, non puntare subito alla velocità. Piuttosto, concentra le tue energie nel sviluppare una buona tecnica, che include una diteggiatura precisa, un suono chiaro e la capacità di colpire le note giuste in ogni occasione. Una tecnica corretta sarà la tua migliore alleata nel raggiungere la velocità. Affrettarsi può portare a sviluppare abitudini errate. Ricorda, la velocità verrà da sé una volta che hai padroneggiato la tecnica. Prenditi tutto il tempo che serve.

  • 3. Adotta la corretta diteggiatura

Nel corso dei secoli, i musicisti hanno stabilito il modo ottimale per suonare accordi e scale, identificando le dita più adatte a suonare determinate note. Puoi sentirti tentato di inventare il tuo metodo, ma evita di farlo. Oltre alla correttezza del suono, occorre considerare eventuali variazioni future, come l’aggiunta di estensioni e alterazioni, che potrebbero non essere compatibili con una diteggiatura personalizzata. Osserva attentamente la posizione delle tue dita e assicurati che sia corretta quando suoni.

  • 4. Pratica in silenzio

Sei attratto dal tuo programma TV preferito mentre dovresti esercitarti? Non preoccuparti. Puoi eseguire molti esercizi con la chitarra in mano senza dover effettivamente suonare le corde. Questa pratica silenziosa ti aiuta a sviluppare la muscolatura e l’agilità della mano sinistra, indispensabili per suonare correttamente.

L’uso di un metronomo può sembrare difficile all’inizio, ma i vantaggi a lungo termine sono immensi. Migliorerai notevolmente il tuo senso ritmico se inizi presto ad usarne uno. Puoi iniziare con un ritmo lento, come 60 battiti al minuto (bpm). L’obiettivo principale è abituarti a suonare a un ritmo costante. Ricorda, esistono numerose app gratuite per metronomo disponibili online.

    • 6. Non evitare gli accordi difficili

    Puoi essere tentato di evitare gli accordi che trovi particolarmente complicati. Tuttavia, è importante sfidare te stesso e affrontare questi ostacoli per progredire. Ad esempio, l’accordo di Si minore potrebbe sembrare difficile da iniziare, ma è una competenza essenziale da padroneggiare se vuoi essere un chitarrista versatile. Non esitare a dedicare del tempo specifico a lavorare su quegli accordi che ti danno più difficoltà. Gradualmente diventeranno più facili da eseguire.

    • 7. Sperimenta stili musicali diversi

    Non limitarti a un solo stile musicale. Anche se adori il rock, non esitare a provare il blues, il jazz, il country, la musica classica, o qualsiasi altro genere ti piaccia. Questa sperimentazione ti permetterà di ampliare la tua gamma di competenze e potrebbe anche apportare nuovi elementi al tuo stile di suono preferito. Inoltre, è un’ottima strategia per evitare la monotonia durante la pratica.

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    • 8. Ascolta tanta musica

    Ascolta musica costantemente, non solo le tue canzoni preferite, ma cerca di variare i generi e gli artisti. Ascolta le parti di chitarra, cercando di capire cosa fa il chitarrista e perché. Questo ti aiuterà a sviluppare il tuo orecchio musicale e a comprendere meglio come la chitarra si inserisce all’interno di un brano. Puoi persino cercare di imparare a suonare alcuni pezzi a orecchio, che è un ottimo esercizio per migliorare le tue capacità di ascolto e comprensione musicale.

    Ricorda, la cosa più importante è divertirsi mentre si impara a suonare la chitarra. Se ti trovi a lottare con un particolare esercizio o canzone, prenditi una pausa e tornaci dopo. La chitarra è uno strumento meraviglioso che può portare molta gioia nella tua vita, purché tu la approcci con pazienza e determinazione. Buona pratica!

    Tesi di Musicoterapia: Musicoterapia e Songwriting

    Tesi di Musicoterapia: Musicoterapia e Songwriting 1232 924 Andrea

    La mia tesi dal titolo

    Musicoterapia e Songwriting. Prospettive di applicazione nel trattamento di pazienti con doppia diagnosi

    È ora pubblicata all’indirizzo musicaterapia.it. Il codice della tesi è T215. Link diretto

     

    Foto corso di Chitarra Pieve Ligure

    Foto corso di Chitarra Pieve Ligure 620 531 Andrea

    Previa autorizzazione dei genitori ho scattato alcune foto ai giovani chitarristi di Pieve Ligure, che stanno seguendo il mio corso di musica presso la scuola elementare E. Gonzales. Potete vederle sul sito dell’Associazione Valentina Abrami [icon icon=icon-music size=14px color=#0000FF float=right]

    Concerto con Ivano Fossati

    Concerto con Ivano Fossati 150 150 Andrea

    Sabato 24 maggio alle 16 suonerò con alcuni amici all’incontro con Ivano Fossati dal titolo “Tra colto e pop: relazioni, incroci e opposizioni”: pensieri, spunti di riflessione e ipotesi di lavoro in Conservatorio a partire dal romanzo “Tretrecinque”, con la partecipazione dell’autore, di Massimo Bernardini di Rai 3, del direttore e di docenti e studenti del “Paganini”. L’incontro è aperto al pubblico 🙂

    Articolo del secolo XIX

    Resoconto del laboratorio “Strumenti informali in musicoterapia, applicazioni e controindicazioni”

    Resoconto del laboratorio “Strumenti informali in musicoterapia, applicazioni e controindicazioni” 150 150 Andrea

    Volevo scrivere qualche breve impressione sul laboratorio a cui ho partecipato ieri , nell'ambito della giornata di studi “La voce condivisa” organizzata dall'Apim presso il Sermig di Torino. Naturalmente si tratta di una mia rielaborazione personale, senza pretesa di autenticità.

    Il workshop è stato condotto (con grande passione e entusiasmo) da Mauro Peddis (musicista, musicoterapista e docente scuola secondaria di I grado) e Lorenzo Tamagnone (psicologo , psicoterapeuta e consulente musicoterapista).

    Peddis e Tamagnone hanno illustrato come spesso , nel lavoro con pazienti affetti da disabilità o da disturbi psichiatrici, lo strumento musicale in senso canonico non venga utilizzato, mentre si adoperino oggetti di uso quotidiano, il setting stesso (i suoi muri, il pavimento, le sedie), il corpo e la voce (del paziente e del musicoterapista).

    Bisogna tenere a mente che in alcuni soggetti lo strumento musicale non è sperimentato in maniera funzionale, ma viene esplorato soprattutto dal punto di vista sensoriale: pertanto un metallofono non è, come per il musicista, un oggetto con una determinata funzione, bensì un insieme di materiali (legno, metallo), una forma, un contenitore; un oggetto da toccare, annusare, ed esplorare dal punto di vista sonoro, ma al pari di un qualunque oggetto di vita quotidiana.

    Nei casi di psicosi inoltre, il confine tra il Sé e la realtà esterna può essere labile , al punto che un oggetto può diventare un prolungamento del corpo, e questo è naturalmente un dato importante con cui confrontarsi.

    Uno degli esempi che è stato portato nella discussione è quello di un pz. che gioca in modo stereotipato con i propri capelli e con quelli del musicoterapista. Questo “gioco” ossessivo può essere comunque un primo punto di contatto, ed è necessario calarsi nei panni del paziente e partecipare al suo gioco per poter entrare in relazione : in questa fase l'introduzione di uno strumentario ortodosso e di proposte strutturate da parte dell'operatore può essere inutile, se non addirittura dannoso perchè vissuto da parte del pz. come una imposizione aggressiva ed un rifiuto delle sue modalità. Quello che penso Peddis voglia sostenere è che spesso si utilizzano le tecniche formali in maniera difensiva , per porre una distanza tra noi e l'altro, nel tentativo disperato di organizzare e standardizzare una situazione caotica. Tuttavia bisogna ricordarsi che l'obiettivo è stabilire una relazione, e ciò si persegue attraverso l'accettazione del paziente e della sua prospettiva, tramite l'immedesimazione. Una volta stabilito il “contatto”, con qualunque tramite ( e dunque, non solo con lo strumentario del musicista) , si può iniziare a introdurre nuove proposte tramite la microvariazione.

    Dal punto di vista esperienziale, sono state proposte queste attività:

    – esplorazione del “setting” da un punto di vista sensoriale, mi muovo liberamente e sperimento gli oggetti della stanza. Possiamo inferire elementi importanti attraverso l'osservazione: la persona vaga o vi è intenzionalità nel direzionarsi? Vi sono pattern che si ripetono (es. girare in tondo)? Qual è la capacità esplorativa della persona?

    – Imitazione, rispecchiamento di un altro (o di altri) durante l'esplorazione, in un gioco continuo di proposte e imitazioni reciproche.

    – Vocalizzazione di oggetti: provo a vocalizzare un'arcata , un calorifero, un neon; provo a dare “voce” ai gesti e alle cose come la madre fa con il bambino tramite il “motherese”, di cui Elena Sartori ci ha parlato in mattinata. Facendo riferimento all'esempio sopraccitato, possiamo ipotizzare di vocalizzare il gesto di arricciare i capelli, cogliendo la proposta del paziente.

    – Visione e utilizzo dello strumentario che Peddis ha ” prelevato ” in seduta; oggetti di uso quotidiano portati dai pazienti nel setting e sfruttati poi come oggetto intermediario. Bottiglie, tubi, marionette, bastoni, persino un assorbente femminile!

     

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    boy singing on microphone with pop filter

    Quale pedagogia della musica? Considerazioni sul pensiero di F. Delalande.

    Quale pedagogia della musica? Considerazioni sul pensiero di F. Delalande. 924 924 Andrea

    Nella mia attività di insegnante di musica imposto da sempre una didattica che fa leva soprattutto, per non dire unicamente, sulla motivazione individuale all’apprendimento, sulla genuina curiosità verso il mondo, sui desideri e gli obiettivi dell’alunno.
    Gli studenti vengono in studio con una storia, un Iso (identità sonoro-musicale, per dirla nei termini di Benenzon1) che emerge inizialmente dalle conversazioni sui gusti musicali, sugli ascolti, su ciò che vorrebbero imparare a suonare; ma anche successivamente, in maniera spesso non verbale, dal loro stile , da ciò che risulta loro comprensibile e familiare e ciò che invece risulta ostico. Con alcuni studenti intonare una melodia sembra il compito più naturale del mondo, al pari del parlare o del camminare; per altri , la sola idea di utilizzare la propria voce suscita emozioni di paura ed imbarazzo. A volte complessi ritmi terzinati fluiscono attraverso la mano destra naturalmente, ma una semplice ritmica in quarti risulta poco familiare e di conseguenza di difficile esecuzione.
    Per essere molto concreti, il repertorio che utilizziamo (o perlomeno, a cui vogliamo approdare e cui facciamo costante riferimento) è quello che viene portato dall’alunno a lezione in maniera più o meno esplicita.
    Ritengo che buona parte del mio lavoro si sostanzi nel fornire all’alunno tutti gli strumenti di base di cui necessita per realizzare le sue aspirazioni ed esprimersi come individuo. Un’ottica che reputo vicina al paradigma Rogersiano di Student-Centered Teaching2, di cui condivido molte delle radicali posizioni.
    Non ho finora dovuto (né potuto, effettivamente), utilizzare sistemi punitivi quali e voti negativi o note di demerito per chi non faceva i compiti e non studiava; bensì, ho spinto le persone a riflettere sulle ragioni di un’eventuale improduttività del lavoro svolto insieme, e senza mia grande sorpresa , in questi rari casi gli alunni erano spinti allo studio della musica più da motivazioni estrinseche (soprattutto da pressioni genitoriali) che da motivazioni intrinseche, e hanno trovato il coraggio di abbandonare una strada da loro non voluta e, pertanto, fonte di frustrazione. Ma parliamo di pochi casi: credo di essere piuttosto fortunato a insegnare una materia che si studia (almeno privatamente) soprattutto se mossi “dall’interno”, visto che conduce a competenze non immediatamente spendibili (almeno così vuole il senso comune) sul mercato del lavoro.

    Riflettendo sul mio percorso di studi personali (musicali e non), sono una piccola parte di insegnanti ha valorizzato la mia storia e le mie aspirazioni per aiutarmi nella realizzazione dei sogni, e naturalmente a questi devo molto, anche perchè ho potuto prenderli a modello e replicare il loro stile di insegnamento.

    Nulla mi è rimasto di approcci direttivi , orientati al nozionismo, alla trasmissione di contenuti “perché il programma ministeriale ha decretato così”. Programmi spesso vetusti, risalenti all’epoca fascista.

    Naturalmente, il lavoro nelle istituzioni presenta maggiori fatiche rispetto a quello privato, specie se si tratta di attività curricolari che non presuppongono la scelta dell’alunno. Su questo mi soffermo per dire che in altri paesi ben presto si può personalizzare il piano di studi, e orientare il proprio esame di maturità verso certe materie piuttosto che altre ( è il caso dell’Abitur tedesca). Inoltre, nel caso di una classe di bambini del nido, della materna o prime classi delle elementari , non incontriamo una consapevolezza cosciente né delle proprie aspirazioni musicali, né del proprio bagaglio di ascolti sonori.

    Quale repertorio adottare, dunque? Lascio la domanda in sospeso, ma vi riporto alcune considerazioni di François Delalande3 in merito.
    Io le reputo di un’attualità cogente, soprattutto se pensiamo che ancora oggi, a trent’anni di distanza, un gran numero di insegnanti italiani ritiene idonea la scelta di fare della “lezione di musica” una sorta di cronistoria della musica classica, con relativi ascolti, accoppiata con immotivate elucubrazioni teoriche sul solfeggio. Questi docenti procedono imponendosi come potrebbero imporsi i conquistadores con i nativi americani: calpestando deliberatamente la cultura di una “popolazione”, imponendo un modello culturale ritenuto gerarchicamente superiore. Gli esiti sono disastrosi, di questo parla lungamente anche il Delfrati4: lezioni caotiche in cui l’insegnante deve costantemente alzare la voce per ripristinare l’ordine (ignorando che l’attenzione derivi dalla motivazione, mentre qui si adotta la didattica della “ricezione passiva” di cui sopra). Senza parlare dell’incredibile successo che questa pedagogia ottiene nell’allontanare le persone dalla musica, e nel consolidare negli insegnanti la malsana idea che loro siano portatori di un messaggio superiore, espressione di una élite, e gli studenti siano una massa di barbari difficile da civilizzare.

     

     

    “In diverse forme, si prova a introdurre delle esperienze attive. Un po’ di flauto dolce nella secondaria, qualche percussione nella primaria…
    Il dramma è che queste pratiche sono ben misere se paragonate ai capolavori che si fanno ascoltare. Che impressione può dare l’ascolto di una sinfonia di Beethoven eseguita da una delle migliori orchestre mondiali, o degli effluvi virtuosi di un Pollini, dopo aver balbettato una melodia su di un flauto dolce? In un altro contesto potrebbe risultare uno stimolo; ma è chiaro che l’educazione impartita a scuola, nelle sue condizioni e con il tempo a disposizione, non permetterà neppure di avvicinarsi a quei modelli e che il confronto non può far altro che approfondire le differenze e alimentare il culto dei geni ineguagliabili.
    […] Si rischia di mettere il carro davanti ai buoi se non si crea, preliminarmente, un autentico appetito di musica; il desiderio di farla e di ascoltarla. […] Si fanno ascoltare dischi “classici” a partire dalla scuola materna. A piccole dosi, evidentemente, perché la ricettività non è molto elevata. Si aumenta progressivamente la dose fino ad una completa assuefazione; fino a che l’organismo non rigetta il veleno.[…] C’è almeno una condizione pedagogica che si dovrebbe davvero rispettare : la motivazione. Si ascolta, infatti, solo se si hanno buone ragioni per farlo. Nessuna motivazione, nessun ascolto! Ecco una legge generale.
    E qual’è una musica che un bambino di sei anni potrebbe essere motivato ad ascoltare?

    La propria! Quella che sta facendo o ha appena fatto.

    Ma è un repertorio un po’ limitato!

    Dopo la propria, ascolterà le musiche che vi assomigliano e allora il campo diventerà molto più vasto. Uno dei compiti pedagogici consisterà nel definire una discografia adatta.

    Anche per un bambino di un anno nel pieno dell’esplorazione senso-motoria?

    Certamente! Per esempio le famose Variazioni per una porta e un sospiro di Pierre Henry, che spesso non piacciono agli adulti ma ottengono l’adesione immediata dei piccolissimi. Ne abbiamo fatto l’esperienza in un nido: essi lasciano andare tutto per ascoltare; ne sono catturati! Mozart al contrario, a dispetto di un’idea assai diffusa, non ha alcun successo! Ma è normale: Pierre Henry fa cantare una porta che stride. È proprio ciò che fanno loro; vi si ritrovano pienamente!
    […] Per gioco si esplorano le fonti sonore, si mima il reale (quello che Piaget definisce “gioco simbolico” n.d.r.) e si organizzano i suoni. La creazione nasce dal gioco. E questa attività di produzione determina a sua volta la curiosità per l’ascolto di brani di riferimento: uno tira l’altro!

    Si dovrebbe dunque iniziare l’ascolto dei dischi solo al termine di un curricolo basato sulla produzione. E quindi, almeno all’inizio, si dovrebbe “censurare” l’ascolto e mettere da parte l’impianto hi-fi? […]

    Si figuri che nella riflessione sul risveglio musicale questo è un punto sul quale ho esitato- e non sono il solo. Conosco insegnanti che danno grande spazio alla produzione e non prendono in considerazione l’ascolto delle opere. Le pongo un quesito: tra tutte le educatrici di scuola materna che fanno attività di pittura, quante portano in classe le riproduzioni dei grandi maestri?
    Si potrebbe assai bene orientare il risveglio musicale sulla creazione e rimandare all’adolescenza il contatto con il repertorio. Però i dischi ci saranno utili anche molto prima, e per una ragione molto semplice: quale che sia la”censura” praticata dagli insegnanti, i bambini ascolteranno comunque musica, specialmente dalla radio e dalla televisione, e non sarà mai musica qualsiasi; al punto che se non ci si bada tenderanno a separare nettamente la musica degli adulti, consacrata dai media, dalla loro, che non assomiglia a nulla di serio. Per evitare questo c’è un mezzo molto semplice: far ascoltare loro dei dischi veri, che si acquistano nei negozi di musica, ma con contenuti vicini a ciò che essi stessi producono.

    È un modo di valorizzare il loro lavoro.

    Sì, e di dare dei riferimenti: “Avete fatto questo? Ecco quello che fa il signor tal dei tali”. È normale cercare dei termini di paragone; non per misurarsi, per giudicarsi migliori di Xenakis, ma per rassicurarsi o a volte per trovare delle idee.”

    Riferimenti bibliografici:
    1François Delalande, “La musica è un gioco da bambini”,ed. Franco Angeli 2004
    2Carl Rogers, “On becoming a person”, ed. Houghton Mifflin Company, Boston 1961, pp. 273 e ss.
    3Carlo Delfrati, “Fondamenti di pedagogia musicale”, EDT 2008

     

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